College Pop Band a confronto They Might Be Giants Camper Van Beethoven Butthole Surfers Savage Republic
Band a confronto: They Might Be Giants, Camper Van Beethoven, Butthole Surfers, Savage Republic
A cura di Alfredo Cristallo
Il college pop si diffuse negli USA a metà anni ’80. Era un fenomeno collegato alle college radio, le stazioni radiofoniche interne dei college e dirette agli studenti stessi.
Questa musica, staccata da quella delle radio e TV ufficiali e dalla new wave radicale, rifletteva i simboli dell’universo giovanile: cinema, pubblicità, politici locali, consumismo, genitori. A suo modo era una musica d’avanguardia; usava il rock ma non disdegnava il jazz e la world music, era eccentrica, goliardica, ibrida e provocatoria (come lo era stata quella di Zappa) ma senza pretese intellettuali.
La palma della bizzarria va ai They Might Be Giants ossia John Flansburgh (voce, chitarra) e John Linnell (fisarmonica, sax, tastiere) che combinano un mix di musica di consumo e music hall. Il loro 1° omonimo album (1986) è una carrellata di parodie di vari stili musicali (Don’t Let Start, Hotel Detective, Youth Culture Killed My Dog), con particolare predilezione per il country (Everything Right Is Wrong Again, Hide Away Folk Family) suonata con piglio infantile e arguto (I Hope That I Get Old Before I Die, che ribalta la filosofia degli Who). I singoli We’re The Replacement (1987) e Now That I Have Everything, anticipano l’album Lincoln, ideale seguito del 1° LP (1988; Purple Toupee, They’ll Need A Crane, Shoehorn With Teeth). Dopo il singolo Hey Mr. Dj (1989), Flood (1990) è un altro campionario di follie (Birdhouse In Your Soul, Istanbul, Your Racist Friend, Twisting, Hot Cha).
Ancora più nonsense sono i californiani Camper Van Beethoven di Dan Segel (violino, balalaika), Greg Lisher (chitarra) e David Lowery (voce), che sono intanto geniali artigiani dell’arrangiamento rock. Su Telephone Free Landslide Victory (1985) sfrecciano felici fra ska (Border Ska, Skinhead Stomp), danze cosacche (Vladivostock), reggae (Yanqui Go Home), psichedelia (Oh No, I Don’t See You), country (Ambiguity Song); il jingle jangle di Take The Skinhead Bowling e l’elegiaca The Day That Lassie Went to The Moon sono la summa del loro eccentrico trovadorado. Il successivo II & III (1986), virò verso una musica più psichedelica(Circles, Dustpan, Sometimes, ZZ Top Goes To Egypt), ma sempre panetnica (No Flies On Us, 4 Year Plan) e bizzarramente folk (Goleta) o garage (Down And Out, Bad Trip, Chain Of Circumstances). Il 3° omonimo LP (1986) trova un gruppo maturo che sa addentrarsi nel variopinto crogiuolo della neopsichedelia (Une Fois, Surprise Truck, Peace And Love, le cover di Stairway To Heaven e Interstellar Overdrive) mentre sfodera i suoi capolavori col folk-pop di Good Guys And Bad Guys e l’hillbilly Joe Stalin’s Cadillac. La normalità arriva col pop raffinato di Our Belated Revolutionary Sweetheart (1988; Life Is Grand, Waka, Turquoise Jewelry, Change Your Mind).
Il gruppo più criminale e surreale furono i Butthole Surfers. Guidati da Paul Leary (chitarra) e Gibby Haines (voce), esordirono con l’omonimo EP (1983; inciso a 69 giri) in cui mescolavano punk (Suicide), cacofonia (The Shah Sleeps In Lee Harvey’s Grave, Revenge Of Anus Presley) e primitivismo (Bar-B-Q Pope) celebrando con orgiastica ferocia lo squallore e l’alienazione della condizione umana (Something). Sul 1° LP Psychic Powerless (1985) la band non si fa problemi ad iniettare quintalate di distorsioni (Concubine, Cowboy Bob), rumorismo (Woly Boly) e volgarità (Lady Sniff), variando fra registri pop (Negro Observer), psichedelici (Cherub) e trash (Butthole Surfers, Mexican Caravan); mai album fu più surreale. L’andazzo è confermato sull’EP Cream Corn For The Socket Of Davies (1987; Moving To Florida) e sull’album Rembrandt Pussyhorse, con un suono più accessibile ma sempre immerso in grottesche deformazioni tribali (American Woman), dark (Creep In The Cellar, Strangers Die Everyday) e psichedeliche (Whirling Hall Of Knives). Con Locust Abortion Technician (1987) iniziò il periodo dei concept album: qui il tema era il dark metal (Sweat Loaf, Graveyard). Il successivo Hairway To Steven (1988) era addirittura una parodia nella parodia visto che i brani avevano come titolo solo disegnini scatologici.
I Savage Republic furono il gruppo più sperimentale e innovativo. Guidati da Bruce Licher, con una strumentazione atipica (2 bassi e 2 batterie), erano fautori nel 1° LP Tragic Figures (1982) di una musica percussiva (Ivory Coast, Exodus), degradata (Flesh That Walks) e orrifica (Procession), vicina al post punk (Next To Nothing, Machinery ), all’industrial (Real Men) e spesso strumentale. Licher e Mark Erskine (percussioni), svilupparono nell’EP Trudge un sound psichedelico-mediorientale (1985; Siege, Trek) e poi più ambientale nel LP Ceremonial (1986; Dyonisius, Year Of Exile, la title-track). Il loro surf arabico assunse tonalità futuriste in Jamahirija (1988; Tabula Rasa) e Custom (1989; Rapeman’s First EP, The Birds Of Pork, Archetype) riassumendo con un tribalismo primordiale e trascendente l’avanguardia californiana dei Residents e il dark inglese.
The Might Be Giants – Everything Right Is Wrong | Butthole Surfers – Graveyard |