La Musica è Follia? – Quelli che la Strada: Il concerto di Lewis Floyd Henry a Calcinaia
Quelli che la Strada: il concerto di Lewis Floyd Henry a Calcinaia
A cura di Laura Martini
Tranquilla serata estiva di fine luglio a Calcinaia, piazza del paese già sistemata con palco e sedie per accogliere i soliti frequentatori che fanno della piazza un’ala di casa propria e i nuovi arrivi, attratti dal piacevole richiamo di un concerto all’aperto, come ogni anno offre il Festival Musicastrada.
Tutto è pronto, i faretti si accendono a dare un caldo color arancio agli alberi che fanno da sfondo, le luci si concentrano sul palco dove J.J. Corsi e i Dinosauri del Blues suonano, come in una ben orchestrata jam session e infondono alle note tutta la loro passione e le ore trascorse insieme con la musica. Applausi. Poi le luci si spengono, gli strumenti si spostano, i musicisti scendono e arriva lui, Lewis Floyd Henry.
Inglese dalla pelle scura, capelli ricci coperti da un cappuccio che non ne esalta la bellezza, chitarra, amplificatore e mini batteria da suonare con i piedi. Parte la prima nota e non si capisce più cosa stiamo ascoltando, però ne siamo rapiti e affascinati allo stesso momento. Critichiamo la sporcizia del suono, ascoltiamo il vicino che dice “sei partito bene, non rovinarla ora”, e quello a tre passi che dichiara che “grinta ne ha, gli manca un po’ di finezza”, annuiamo, ma non possiamo fare a meno di seguirlo cantando ” Don’t stop fishin’ “.
C’è solo lui sul palco, ma c’è di tutto e di più. La chitarra la fa da padrone, l’effetto eco ci fa rimbombare la musica nelle orecchie, il rullante batte il tempo accompagnato dai piatti e il delirio è ai massimi livelli. Sembra uno schizofrenico dedito alla musica, ma ci sa trascinare con il suo suono che non è né blues, né rock e neppure rap ma è di tutto un po’.
Suona pezzi suoi e riadatta brani dei Metallica e dei Black Sabbath in un modo assai personale, mentre con le mani balla, si dimena, scratcha dischi invisibili e dà un ultimo sorso alla bottiglia di birra al suo fianco. Scorda la chitarra e suona così, anche con la bocca, allibendo e meravigliando la platea che non sa più cosa aspettarsi, mentre un gruppo di ragazzi si alza per ballare. Si alza anche lui, incita il pubblico che, nonostante il primo impatto, lo segue, mentre lui sembra che non voglia più scendere da quel palco.
E’ normale per lui trovarsi di fronte a gente che sa già che forse non lo capirà e che storcerà la bocca, ma va avanti come un treno e non si risparmia in nulla. Chiude rovesciando tutto e lasciando la chitarra elettrica a fischiare per un po’, mentre guarda compiaciuto e ironico il pubblico. La sua maglietta con su scritto “Urban voodoo machine” lo presenta bene e che vi piaccia o meno è uno spettacolo da non perdere.
Lewis Floyd Henry – Goin’ Fishin’