La Musica Popolare secondo Silvio Trotta

di Silvio Trotta

Silvio Trotta è un amico e un musicista dalle qualità eccelse. Il suo incessante lavoro di ricerca e mantenimento della musica popolare, soprattutto quella del Centro Italia, lo rende una di quelle figure che fanno parte del patrimonio della cultura al pari di nomi e personaggi più in vista di lui. In questo articolo, prendendo spunto dalla sua personale esperienza, rende chiaro qual’è il valore, l’importanza e la ricchezza della musica popolare in Italia (ndr)

Sono un uomo di poche parole, preferisco affidare i miei sentimenti e le mie emozioni  alle corde dei miei strumenti e spesso al silenzio ma l’invito a condividere in questo PARTICOLARE spazio d’incontro la mia passione per la musica popolare  mi convince a raccontarmi.

A 12 anni, nel 1969, a Roma imparo i primi accordi di chitarra  e ben presto comincio ad esibirmi suonando musica leggera e pop, passando dalla chitarra elettrica al basso, dai Pooh a Emerson Lake & Palmer!   Ma,  nel 1975, durante il quarto anno di liceo scientifico, sento parlare di musica popolare, mi incuriosisco e all’ascolto di  “Tammurriata nera” della NCCP resto folgorato. Vendo la Gibson diavoletto e compro un mandolino… nascono i Musicanti del Piccolo Borgo! Questi miei primi passi sugli strumenti a plettro seguono con ammirazione le orme di Eugenio Bennato ma ben presto si trasformano in passi di ascolto: ascolto dei suonatori tradizionali. Sono nato a Capracotta (IS), ho passato lì le estati della mia infanzia e della  mia adolescenza e la mia ricerca parte da quella terra che mi appartiene e che riscopro come parte di me e della mia identità umana e musicale nell’incontro autentico con i cantori, con i contadini, gli artigiani ma soprattutto con i contesti agro-pastorali che generano un mondo sonoro per me tutto da scoprire.  I riti, tessuti dai canti, i fatti e gli eventi  narrati dalla musica, il linguaggio ricco di assonanze antiche che segnano lo scorrere del tempo, gli strumenti arcaici mi affascinano e strutturano una passione che “ancor non m’abbandona”. Scopro in questi repertori un valore che va oltre la semplicità della loro struttura musicale spesso scarna ed essenziale. La direzione è chiara: voglio riproporre la musica della mia terra, il Molise, e sogno, nell’onnipotenza sana della mia gioventù, i risultati che avevano avuto le villanelle, le tammurriate e le tarantelle campane con l’operazione NCCP.
Operazione difficile,  che ha determinato però la peculiarità dei “ MUSICANTI DEL PICCOLO BORGO” un gruppo che presto diventa  referente di quel territorio che, come afferma Vincenzo Lombardi “è una terra di mezzo e di passo, troppo piccola per affermare una piena e marcata identità musicale, troppo forte per non sceglierla ed esprimerla con intensità e decisione”. Sono ormai 35 anni che i Musicanti propongono in Italia e in Europa la loro musica modellata sulle orme degli antichi cantori incontrati durante  le nostre campagne di ricerca, effettuate negli anni ’70 in Molise e nel Lazio. Quell’archivio di documenti sonori, è divenuto nel tempo,  l’humus prezioso da cui il gruppo trae gli spunti per un’attenta rielaborazione dei brani che, nel rispetto rigoroso dei testi e della melodia originaria, assumono nella riproposta una nuova forza  narrativa grazie alla passione inesauribile dei loro componenti. Credo che ciò che ha consolidato nel tempo Ia nostra formazione, non siano i mille concerti o gli apprezzamenti della critica e del pubblico, ma la gioia che proviamo nell’eseguire il nostro repertorio, libero da  mode, lontano da ruffiani ammiccamenti folcloristici, che per una estate o due garantirebbero qualche concerto in più. Alla fine  quello che ci onora veramente è che quando abbiamo tenuto concerti nei luoghi, oggetto della nostra ricerca, abbiamo visto negli occhi degli anziani l’orgoglio della loro memoria e del loro patrimonio. Questo realizza quello che è per me la musica popolare, una musica fatta dalla gente e che alla gente deve  tornare.
Sono un musicante non un musicista, non ho una preparazione accademica,  non sono diplomato al Conservatorio e non leggo la musica ma la musica mi appartiene  soprattutto quella che esplora, indaga, testimonia e interpreta la memoria fonte di identità. Ed è questo interesse  che mi ha portato negli anni a oltrepassare i confini della mia regione alla ricerca di trasversalità sonore che io definisco appenniniche. La nostra penisola, saldamente incastonata nel centro dell’Europa continentale e al tempo stesso protesa verso il cuore del Mediterraneo , dispone di uno dei repertori musicali tradizionali fra i più ricchi e complessi del mondo che ho potuto conoscere e riproporre collaborando con prestigiosi artisti che talvolta ho pudore a chiamare colleghi e non solo mi ha permesso di ottenere riconoscimenti prestigiosi come il premio Gritti nel 2007.  È con un pizzico d’orgoglio, dunque, che elenco i gruppi con i quali collaboro oltre al mio storico “Musicanti”: il più importante rappresentante della cultura popolare toscana Riccardo Marasco, l’apprezzatissimo  gruppo emiliano I Viulan, la cosmopolita Claudia Bombardella , e ancora Jessica Lombardi,  il Triotresca, i Dagda, i Setamoneta.
Riccardo Marasco l’ho incontrato nel 1995 e mi ha fatto conoscere un repertorio sconfinato, dalle laudi del 1300, ai canti popolari da lui registrati nelle campagne toscane, dai suoi  brani  dedicati a Firenze, agli autori toscani come Spadaro. La sua splendida voce, in continua  ricerca, la sua affascinante chitarra lyra, compagna di un viaggio che dura da 40 anni  e io lì, con il mio mandolino, a ricamare, a dialogare con le sue esuberanze timbriche, con le sue battute imprevedibili, con i suoi tempi teatrali e musicali assolutamente inimitabili, davanti a migliaia di persone. Grazie a lui ho suonato  in scenari “da urlo”, dalle Logge dei Lanzi in Piazza Signoria a Firenze, alla Morgan Library Museum di New York e pochi mesi fa a Bruxelles…
Conversazioni vive sulla memoria che ogni volta mobilitano nuovi progetti, sostanziano la mia passione facendomi affrontare la fatica, i sacrifici e mille difficoltà.
Nel 2001, Giorgio Albiani mi invita a conoscere I Viulan. E’ amore a prima vista:  voci impressionanti, la magistrale chitarra di Giorgio, un impasto da pelle d’oca; mi viene chiesto di inserire i colori dei miei strumenti e confesso che mi sembrò difficile dare un valore aggiunto a qualcosa che per me era già così bello!  Mi sono posto allora in un’ottica  estetica, di sensibilità musicale e questo mi ha guidato nelle scelte, andando a coprire quegli spazi sonori che ancora non erano esauriti dalle voci e dalla chitarra. Ho così abbellito con i plettri molte parti melodiche diventando in alcuni punti una quinta voce e negli incisi strumentali un’alternativa o un controcanto alla chitarra, ho fatto un lavoro ritmico/armonico con la chitarra battente creando una base più solida rispetto all’impianto precedente. Nei Viulan  ho conosciuto Lele Chiodi, personaggio storico della musica popolare italiana, da lui ho imparato soprattutto l’amore viscerale e l’attaccamento ai canti che gli  erano stati cantati da sua madre cantastorie. Eravamo  insieme, commossi, sul palco dell’International Festival di Samarkanda in Uzbekistan quando i Viulan si sono qualificati al secondo posto su trentadue nazioni partecipanti!
Poi la sfida con le composizioni di Claudia Bombardella, io, abituato a lavorare sulle musiche tradizionali, suonavo insieme a un quartetto “classico”! Inizialmente avrei voluto sparire, soprattutto per il difficile approccio ai tempi dispari e irregolari che poi ho vinto con “l’orecchio”…ora siamo così affiatati che abbiamo anche un duo! A proposito di duo, quello consolidato dal 2001 con Jessica Lombardi è stato per me l’avverarsi di una grande sogno perché mi ha permesso  di confrontarmi con un altro repertorio che adoro e che non smetterei mai di suonare: quello della musica irlandese. Con il nostro spettacolo “Passi verso nord” abbiamo calcato le orme della tradizione dal sud Italia fino all’Irlanda divertendoci ad elaborare i vari brani con la pazzia di chi ama quello che suona aldilà di qualsiasi limite filologico. Il brivido del bordone della piva emiliana e l’arpeggio di chitarra che apre il concerto di Martin O’ Connors, o quello di Davide Van de Sfross… ricordi emozionanti! E ancora la musica danzante del Triotresca nel quale accompagno alla chitarra le superbe melodie del piffero del mio amico Stefano Tartaglia e le sanguigne interpretazioni che Giorgio Castelli propone dei canti popolari toscani. Infine le mie collaborazioni con il gruppo di musica irlandese dei Dagda e l’ultima in ordine di tempo con  il  gruppo di canto popolare toscano dei Setamoneta.
Un sogno per il futuro? Mi piacerebbe creare una grande orchestra con tutti questi amici che avesse la grinta dei Musicanti, il cuore dei Viulan, la freschezza di Jessica, l’esperienza di Riccardo, la tecnica dell’Ensemble di Claudia e il ritmo del Triotresca!! Chissà che un giorno non ci riesca…intanto continuo infaticabile a impegnarmi affinché qualcuno in più capisca che la musica folk non è solo celtica o mediterranea ma attraversa l’Italia come i suoi Appennini, spina dorsale di un popolo e delle sue radici.
Come? Con il mio piccolo grande festival “Pifferi, Muse e Zampogne” che ha festeggiato quest’anno la sua quindicesima edizione e si propone come spazio privilegiato di incontro  tra la città di Arezzo e la musica tradizionale (vedi Diario di Musicastrada) e non solo, organizzo nella mia città di adozione varie manifestazioni sempre con lo stesso scopo (EtnicArezzo e FolkAurora).
Porto avanti inoltre da anni laboratori didattici in collaborazione con la scuola, dove i bambini con grande entusiasmo assorbono con spontaneità sorprendente contenuti e valori mediati dalla musica tradizionale, si immergono in mondi solo apparentemente lontani comprendendo nel loro semplice fare musica che la musica racconta la storia e parla di ognuno di noi. È un’esperienza ricca di emozioni e particolarmente gratificante per me,  perché  realizza quell’antico bisogno di tramandare oralmente  che ho respirato dagli antichi cantori di cui mi sento testimone e forse immeritatamente anche un po’ erede. Ho avuto anche la possibilità di animare laboratori musicali aperti a persone diversamente abili dove ho sperimentato come  la dimensione  emotiva, l’energia antropologica di questo tipo di musica agganci naturalmente la speciale umanità di questi ragazzi  e affermi il suo indiscusso valore formativo.
Tante attività dunque  sostenute  da un’unica grande passione che si declina anche in un’ampia discografia di cui da qualche tempo mi occupo personalmente come produttore. Un nuovo mettersi alla prova con strumenti anche tecnologici apparentemente in contrasto con  il mondo tradizionale ma che se  messi al servizio di un’idea possano mediare comunque l’originario… in fondo anche questo appartiene al mio essere MUSICANTE  in continuo cammino.
Silvio Trotta