L’Officina dell’heavy metal Italiano – Li avete sentiti questi?: La Strana Officina
Un altro prezioso suggerimento per l’ascolto.
Li avete sentiti questi? – La Strana Officina
A cura di Roberto Italiani
Il 4 aprile scorso è uscito al cinema “I più grandi di tutti” di Carlo Virzì. Il film narra la storia di un fan che tenta di far riunire il proprio gruppo preferito dopo una decina di anni di inattività, per lui erano i più grandi di tutti appunto, I Pluto, rock band della provincia livornese oramai scioltasi tra rancori mai chiariti. Ok ma noi non parleremo del film.
Il regista come dicevo è Carlo Virzì e per chi non lo sapesse è (era) il leader degli Snaporaz, forse li avete sentiti da qualche parte, autori della colonna sonora del film Ovosodo diretto dal fratello più noto Paolo (quando si dice che le raccomandazioni non contano!). Comunque noi non parleremo del regista.
Ma vediamo chi sono questi Pluto nello specifico: tralasciando bassista e batterista (nella fattispecie due attori, Claudia Pandolfi e Alessandro Roja) il cantante del gruppo è Marco Cocci e il chitarrista è Dario Cappanera. Il bellone rasta dell’Ultimo Bacio lo conoscete tutti, frontman dei Malfunk band livornese di fine anni ’90 sottovalutata un po’ dalla critica, peccato perché erano forti i ragazzi; ma non parleremo certo dei Malfunk.
Il vero pezzo da 90 del film è Dario Cappanera. Ai più non dirà niente questo cognome, almeno che non siate amanti dell’ heavy metal e io aggiungerei anche ultra 30enni.
Basta nominare il nome del gruppo di cui fa parte: La Strana Officina. Ovvero il più grande gruppo heavy metal italiano.
Siamo a Livorno dei primi anni ‘80 quando i fratelli Fabio e Roberto Cappanera insieme a Enzo Mascolo, Daniele Ancillotti e Marcello Masi incidono il loro primo EP omonimo (il più bello secondo me!) contenente 4 pezzi cantati in italiano, dove la facevano da padrone melodie alla Saxon e Judas Priest e assoli alla Iron Maiden; d’altra parte gli anni erano proprio quelli. Beh…se fossero stati cantati in inglese (cosa che successivamente è stata fatta) e avessero avuto una produzione anglosassone potevano benissimo competere con i sopracitati mostri del rock duro.
Il disco si apre con un pezzo veloce e trascinante “Viaggio in Inghilterra” scritta forse durante un pellegrinaggio nella terra santa del rock. “Autostrada dei sogni” invece è la prima ballatona del disco, malinconica ed emozionante allo stesso tempo, dal riff iniziale all’accelerazione ritmica seguente, secondo me il miglior pezzo dell’album; testo struggente che si amalgama perfettamente alla musica.
“Luna nera”, d’altro canto, è molto sabbathiana nel tiro del basso quantomeno (all’era di The Headless Cross), ritmo dolce e testo sognante supportato da uno spettacolare e intenso assolo finale di chitarra. Il disco si chiude con “Piccolo uccello bianco” , il pezzo più lungo del disco; inizia con una chitarra ritmica alla Iron Maiden per poi trovare un intermezzo melodico chitarra acustica/assolo chitarra elettrica degno delle miglior ballad heavy metal.
Ma il sogno dei 5 italici rockers finisce il 23 luglio 1993, in quella autostrada dei sogni che essi, per giunta, cantavano; i sogni si infrangono in un pauroso incidente dove perdono la vita Roberto e Fabio Cappanera (chitarra e batteria).
Ragazzi, questi erano forti per davvero, non si era mai sentito niente del genere in Italia fino ad allora!
Quando la band sembra destinata allo scioglimento sicuro, ecco qua che entra in gioco Dario, nipote di Fabio Cappanera. E’ lui a prendere il suo posto in un gruppo che continua tutt’oggi a dare testimonianza che una volta, e neanche tanto tempo fa, esisteva una nostrana rock band apripista dell’heavy metal in Italia.
Una band che è stata veramente la più grande di tutti (non me ne voglia Pino scotto con i suoi Vanadium!).
“Finché ci saranno ragazzi che avranno bisogno di sfogare la loro rabbia, l’heavy metal sopravviverà” O. Osbourne