
Musica a freddo? La risposta di 4 gruppi islandesi Sugarcubes Sigur Ros Gus Gus Mum
Se uno pensa al rock islandese, magari se lo immagina freddo e distante così come potrebbe suggerire l’idea che uno si fa del paese. Ma questo è vero solo in parte. L’Islanda non è certo un posto caldo (in estate le massime sono sui 20°) e il centro dell’isola è sotto i ghiacci ma il clima è mitizzato dalla corrente del Golfo. La nazione è poco popolata (solo 319.000 abitanti), ma è altamente democratizzata (l’Althing è il più antico Parlamento europeo) e ha leggi su libertà d’espressione e di stampa avanzatissime (si possono pubblicare notizie riservate di qualsiasi tipo e persino segreti di Stato).
Questo ha probabilmente contribuito a formare una scena culturale e musicale frizzante, curiosa, forse eccentrica ma attenta alle influenze provenienti dal resto del mondo: peraltro tutti gli islandesi parlano l’inglese poiché le trasmissioni in lingua non sono doppiate. Il gruppo più famoso furono gli Sugarcubes, che in pratica diedero notorietà a Bjork ma in realtà erano stati formati da Thor Eldon (chitarra) e Einar Orn (voce, tromba) sulle ceneri di un gruppo goth-rock dedito a cantare i miti pagani dell’isola, i Kukl (stregoneria), in cui militavano Bjork e il batterista Siggi Baldursson. Naturalmente fin dall’inizio fu Bjork a rubare la scena con i suoi ruggiti r’n’b e i suoi gorgheggi (opposti al baritono da ubriaco di Orn) nei singoli Birthday e Coldsweat. L’attesissimo 1° LP Life’s Too Good (1988) coniò uno stranito stile di pop song (Motorcrash, Deus) iniettato di funky (Delicious Demon) e simile al ballabile futurista dei B’52’s (Blue Eyed Pop); e lanciò la loro immagine di pazzi folletti. Il successivo LP Here Today, Tomorrow, Next Week (1989) evidenziò i limiti del loro pop spensierato e commerciale (Regina, Dear Plastic). La loro storia finì con il mediocre Stick Around For Joy (1992; Chihuahua). Iniziò lì la carriera solista di Bjork, una versione anni ’90 di Madonna, con più voce ma meno capacità di provocazione. Il suo stretto rapporto col mainstream fece da volano ad altri gruppi islandesi.
I primi ad approfittarne furono i Sigur Ros del cantante Jon Birgirson (alias Jonsi). Dopo che il loro 1° singolo Fljugdu era entrato (grazie a Bjork) nella compilation commemorativa della nascita della repubblica islandese, il loro album d’esordio Von (1997) fu un lavoro di morbida psichedelia (Sigur Ros, Hun Jordy, Myrkur) dove a risaltare è la voce angelica di Jonsi (Halffasol, Syndir Guds, la title-track). Il 2° LP Agaetis Byrjun (1999) è un capolavoro di dream-pop capace di muoversi fra picchi di maestoso paesaggismo (Svefn-g-englar, Ny Batteri), delicati acquerelli impressionisti (Staralfur, Olsen Olsen, la title-track) e imponenti visioni sinfoniche (Flugusfrelsarin, Vidal Vel Ti Loftarasa). Il successivo album dall’originale titolo di () (2002; e con semplici numeri per titoli) è una prosecuzione del precedente con gli stessi tempi rallentati e arrangiamenti eleganti e i medesimi gorgheggi (1, 4), ma più autoindulgente nella seconda parte dove predominano lunghe jam di psichedelia formale alla Radiohead (5, 8) e progressioni atmosferiche (6, 7). L’album Takk (2005) è l’ultimo riuscito esempio (per ora) del loro dilatato e atmosferico cromatismo psichedelico (Glosoli, Milano, Gong, Svo Hljott), quasi al confine della new-age (Se Lest, Andvari).
Se i Sigur Ros sono stati l’ala spirituale del rock islandese, i Gus Gus sono stati quella dance. Nel LP Polydistortion (1997), mixano di fatto la prassi del synth pop con la trance anni ’90: dai poliritmi di Gun, alla techno di Believe e Cold Breath ‘79, dal funky soul di Polyesterday e Barry alla trance jazz di Why.
Lo stile dei Mum dei polistrumentisti Gunnar Orn Tynes, Orvar Smarason più le sorelle gemelle Gyda (violoncello) e Kristin Anna Valtyrsdottir (piano, fisarmonica) è invece figlio del nuovo millennio. Adotta infatti le tecniche glitch (quelle che simulano un CD difettoso) per costruire disturbi ritmici (o poliritmici) su paesaggi sonori folk o ambient vicini ai lavori di Aphex Twin e Autechre. Nel 1° album Yesterday Was Dramatic, Today Is Ok (2000), questa prassi è evidente in I’m 9 Today e The Ballad Of Broken Birdie Records (l’unica cantata)e Slow Bycicle. Altrimenti le composizioni si snodano attraverso fasi creative(Smell Memory, Asleep On A Train), anarchiche (Awake On A Train) o minimali (The Ballad Of Broken Strings). Comunque le emozioni forti sono del tutto sterilizzate o assenti (There Is A Small Number Of Things). Nel LP successivo Finally We Are Non One, il gruppo si affida parzialmente a soluzioni più convenzionali (Green Grass Of Tunnel, We Have A Map Of The Piano, The Land Between The Solar System) non a caso cantate o a textures fra ambient, techno e il neoclassico (K Half, I Can’t Feel My Hand Anymore, It’s Alright, Sleep Still). Negli album successivi i Mum si rifugiarono in un più anodino pop in linea con le caratteristiche generali del rock islandese.
leggi anche…
Gli Ultimi Articoli
un articolo a caso
TUTTE LE RUBRICHE
TOP FIVE | LETTERATURA IN MUSICA | STORIE DI MUSICI E MUSICA | VIA COL VENTO | OK IL PEZZO E’ GIUSTO | LI AVETE SENTITI QUESTI | BAND A CONFRONTO | LE PEGGIORI MAI SENTITE | PENSIERI IN MUSICA | CONSIGLI PER L’ASCOLTO | SARANNO FAMOSI? | LA PAROLA AI MUSICISTI | IO C’ERO | IO CI SARO’ | IL DIARIO DI MUSICASTRADA | DISCOVERY | FUORIUSCITI | LIFE ON MARRS | MIGLIORARE SUL LUNGO PERIODO | LO SAPEVATE? | DIETRO LE QUINTE CON
news musicastrada