Se una notte d’inverno un ascoltatore Io c’ero il Concerto dei Platonick Dive al The Cage Theatre di Livorno

Io c’ero: il Concerto dei Platonick Dive al The Cage Theatre di Livorno

A cura dello Spa

Prendete una bella giornata di novembre, mettetela in un frigorifero aperto e caricate il frigorifero su un aereo di media potenza che vola con i portelloni spalancati. Ecco. Adesso immaginatevi di trovarvi esattamente dentro quel frigorifero.

Solo così potrete concepire il bel clima che ci ha riservato una gelida Livorno quando, mossi da curiosità, abbiamo raggiunto il The Cage Theatre, autentica fortezza della musica che domina, da Villa Corridi, la luccicante piana labronica.

All’interno del locale l’atmosfera è decisamente più rilassata e confortevole. Alle 23.00 sul palco ci sono solo gli strumenti e un po’ di gente che sorseggia ogni tipo di beveraggio in attesa del concerto. Prove di fumo. Una macchina comincia a spararlo, forse s’inizia. Falso allarme. Tuttavia è bastato questo piccolo espediente per spingerci nuovamente fuori a sfidare la corrente artica (che per comodità d’ora in avanti chiameremo Frost) nel tentativo di gustarci perlomeno qualche sano tiro di sigaretta.

La cicca non si è ancora del tutto consunta che cominciano ad arrivare le prime note. Sgattaioliamo nuovamente all’interno della “gabbia”. Ad accoglierci ci sono i Silver Eight al gran completo. Sinth, Drum Machine e altri marchingegni fanno da corredo al basso e ad una curiosa sezione ritmica di tamburello. Al centro della scena la chitarra e la voce di Federico Silvi. I ragazzi si fanno apprezzare. Le sonorità complessive che riassumerei sinteticamente con un onnicomprensivo alternative-electro-rock hanno un che di decadente che non dispiace affatto. La voce calda e profonda di Federico è penetrante. Testi rigorosamente in inglese, si alternano ad un paio di pezzi strumentali, per una piacevole esibizione che dura poco meno di un’ora.

Un’altra pausa sigaretta a questo punto è d’obbligo. Chi pensa che fumare sia dannoso ha ovviamente tutte le ragioni del mondo, ma ribadisco la mia ferma convinzione che in alcune circostanze può portare perfino dei benefici. Oltre ad essere un meraviglioso espediente per togliersi d’impiccio in situazioni imbarazzanti, consente, ad esempio, di soffermarsi a notare piccoli particolari sfuggiti in precedenza. Nel caso specifico uscire dalla “gabbia” mi ha dato l’opportunità di rimanere affascinato dalla locandina dei Silver Eight. Può darsi che ami le cose un tantinello kitsch, ma vedere un gorilla di plastica che aggredisce minaccioso un placido e paffuto gattino dorato, icona di tutte le cineserie del pianeta Terra, beh…vi confesso che mi ha messo davvero di buon umore.

Quindi assai allegro torno sotto il palco, letteralmente sotto il palco (ovvero a qualche decina di centimetri dal microfono sottoutilizzato dal gruppo che si esibirà a breve) per godermi lo spettacolo che di lì a poco offriranno i Platonick Dive. Si tratta di un’anteprima assoluta. E’ infatti uno di quei giorni clou in cui una band emergente presenta per la prima volta al pubblico il suo album d’esordio, vale a dire Therapeutic Portrait. Disco che uscirà sul mercato il prossimo 16 gennaio per l’etichetta Black Candy Records.
Vi dico immediatamente che i Platonick Dive hanno tutti i crismi di un gruppo post rock che fa un uso davvero massiccio di elettronica, laptop e sintetizzatori. Il solito fidato “Apple Mac” garantisce una solida base sonora su cui divagano le chitarre sognanti di Gabriele Centelli e Marco Figliè. Sono loro ad entrare in scena all’inizio. Rimango perlomeno basito di fronte alla loro (presunta) giovane età che, a dir la verità, non ho avuto modo di appurare definitivamente. Di sicuro stupisce se messa in relazione alla linea melodica della band. Non si può certo dire che i Platonick Dive non abbiano le idee chiare in fatto di identità musicale, tant’è vero che alla fine del concerto ho l’impressione di aver ascoltato una lunga, infinita canzone strumentale che mi fa frullare nelle orecchie il dubbio di aver assistito alla messa in scena di un concept album “post rockiano”. Molto probabilmente aiutano anche le belle immagini serrate che scorrono, da manuale di band elettronica, sul grande schermo posto sul fondo del palco.

Fatto sta che fin dall’inizio della performance Gabriele appare assolutamente “preso e perso”, assorto completamente dalla sua musica, agita la chitarra come un tarantolato e si dimena sul palco fluttuando sulle onde sonore emesse in devastante quantità dai Platonick Dive. Marco non è meno distaccato, ma più calcolatore, sembra assaporarsi il concerto ed aggiungere l’effetto giusto per scatenare il giusto effetto. Capitolo a parte merita Jonathan Nelli. Entra tranquillo quando l’introduzione del primo brano è ormai ben avviata, ha un cappuccio nero e il passo sicuro del Tristo Mietitore. Si sistema dietro la batteria e si sfila la felpa, resta un attimo in attesa e poi comincia a picchiare. Difficile descrivere la sua maestria e, al contempo, il suo stile, però credo che la parola giusta sia “messianico”. Sembra in effetti che un’entità chiaramente ultraterrena lo animi per accarezzare e violentare i piatti ed il rullante. Quando la musica (quella suonata intendo) si zittisce, lui si spegne, si accascia sulla batteria fino a quando la luce divina della melodia non lo risveglia dal suo torpore. Il risultato è che si percepisce nitidamente come la batteria sia la colonna portante della trama musicale dei Platonick Dive. E’ lei che detta i tempi e conduce in un tunnel di note che spesso alla fine di un brano diventano tempesta ed infuriano in tutto il loro folle clangore.

Forse il “ritratto terapeutico” cui si riferisce il titolo album è forse proprio quello di una seduta di gruppo. Provate ad immaginarvi un bel po’ di spettatori sottoposti per un’oretta ad una terapia sonora che viene da altri mondi.
L’intero viaggio melodico è interrotto una sola volta dalla voce di Gabriele che domanda al pubblico “Tutto bene?”, poi la musica riprende. Il concerto finisce, Jonathan se ne va come è entrato, solo che stavolta ha un asciugamano in testa al posto del cappuccio, Marco saluta e ringrazia, Gabriele ricorda che quella a cui abbiamo assistito è l’anteprima del disco che uscirà a metà gennaio.

Andiamo via un po’ estraniati. Difficile tornare alla realtà e, soprattutto nelle gelide spire di Frost dopo un’esibizione del genere. Comunque ci siamo riusciti. Il consiglio è quello di andarvi ad ascoltare un concerto live dei Platonick Dive. E’ semplicemente un’esperienza da fare, meglio se d’inverno.

Platonick Dive – Therapeutic Portrait (Album Trailer)