Intervista ad HEVIA
Lunedì 12 abbiamo intervistato HEVIA dai microfoni di Punto Radio di Cascina, insieme a Luca Doni, Andrea Lanini e Dorothea Bruno (la nostra responsabile ufficio stampa). La “chiaccherata” che ne è scaturita ci ha fatto capire che HEVIA è una persona molto semplice ed estremamente disponibile. Il suo accento spagnolo è poi molto familiare e piacevole per noi italiani!!!
Le domande sono state fatte da Andrea Lupi e Davide Mancini (entrambi direttori artistici di Musicastrada), Luca Doni (giornalista e direttore Punto Radio) ed Andrea Lanini (giornalista de Il Tirreno).
Ecco a voi una parte dell’intervista (in grassetto le domande, in corsivo le risposte):
Buon pomeriggio Hevia! Cosa stavi facendo oggi prima della nostra telefonata?
Ah, oggi stavo lavorando a casa mia con i macchinari per la lavorazione del legno perché stiamo sviluppando un nuovo modello di cornamusa elettronica
Ok, vorrei iniziare a chiederti qualcosa riguardo al nuovo tour che ti porterà anche in Italia, ti presenterai in formazione di Trio acustico; perché questa scelta di presentarti con uno spettacolo che riporta vicini all’essenza dello strumento?
Questo nuovo progetto, più intimista, è rivolto ad una audience più ristretta quale si può trovare in un teatro e non in una grande piazza di una città o in uno stadio, ma sicuramente questa dimensione permette di ascoltare la musica con molti più dettagli, con una comunicazione più stretta tra il palco e il pubblico
Presenterai il tuo ultimo cd “Obsession”. Cosa c’è di differente rispetto alla tua produzione precedente?
Penso che ci sia sempre qualcosa che cambia tra un disco e l’altro perché la musica è un sentimento vivo come l’artista che la compone. Sono passati dodici anni dal primo cd è penso che moltissime cose siano cambiate, ma in realtà io non so cosa cambia ogni giorno; è come con mia figlia, io non mi accorgo dei suoi cambiamenti quotidiani ma se rifletto, dall’età di un anno a cinque anni è cambiata tantissimo
Ciao Hevia, è un po’ che non vieni in Toscana e centro Italia e qui c’è molta aspettativa per il tuo concerto e sembra di capire che questo spettacolo sia effettivamente più vicino a quella che è l’origine della tua musica, e così?
Penso di sì, perché in origine c’era la cornamusa e il tamburo e sul palco saremo io e Maria, mia sorella, che suona il tamburo e altre percussioni e un pianoforte; perciò siamo vicini ad un suono essenziale, originale. Comunque non è da molto che non vengo in Toscana perché tre anni fa ho suonato a Firenze e anche l’estate scorsa ero in vacanza nella vostra meravigliosa terra
Anche le Asturie, da dove vieni, sono una terra meravigliosa e forse la si respira anche un po’ nella tua musica…
Si, spesso la mia musica nasce dai viaggi che faccio in macchina, dall’osservare il grigio del cielo e il verde delle montagne della mia terra che è certamente fonte di ispirazione, ma sento anche il bisogno di fare viaggi in altri luoghi perché vedendo le bellezze di altre nazioni riesco a dare più valore anche alla mia terra; il confronto aiuta a capire, è semplice ma è vero, sapere che non sei l’unico luogo bello del mondo ma uno fra i tanti.
Hevia, puoi spiegarci per favore quale è la differenza tra la tua Gaita e la Cornamusa?
Io credo semplicemente che esiste la grande famiglia delle cornamuse, di cui fanno parte anche la gaita o la uillean-pipe, la piva, la zampogna, la highland bagpipe. La Gaita è semplicemente la cornamusa tradizionale asturiana.
Ma credi che sia giusto dire che il tuo lavoro è paragonabile all’opera di riscoperta e modernizzazione che ha fatto Alan Stivell con l’arpa celtica? Oltretutto lui è bretone e la Bretannia ha molte analogie con le Asturie, non solo climatiche.
Alan è un grandissimo artista e io non oso paragonarmi a lui, ma è certo che le nostre terre hanno molte analogie climatiche, paesaggistiche, storiche ed oggi c’è una grande comunicazione tra queste due terre avvalorata da manifestazioni quali il festival interceltico di Lorian
Adesso una domanda provocatoria: cornamusa e tamburo fanno parte anche dell’iconografia degli strumenti militari, usati sia in battaglia che nelle parate. Cosa è, secondo te, che porta uno strumento musicale a far parte di quest’ambito oltre che di quello popolare e civile?
Si questi due strumenti fanno parte dal diciassettesimo secolo anche della “strumentazione militare”, lo dimostrano le stesse colorazioni dei tamburi, ma io penso che noi oggi suoniamo una musica per la pace e non certo per la guerra; vedi, anche Internet era in origine uno strumento militare e adesso è un qualcosa di meraviglioso per la comunicazione tra i popoli.
Qual è dunque il tuo rapporto con le altre culture? Penso a un brano come il tuo Tanzila, denso di influenze arabe, e penso anche alla tua Spagna e ai problemi di integrazione degli immigrati che sta vivendo al pari dell’Italia….
Per me è facile perché sono sposato ad una donna dominicana meravigliosa, ovviamente immigrata…la settimana scorsa ho suonato cinque concerti con musicisti maghrebini in Marocco, una esperienza semplice e meravigliosa…e poi credo che in ogni musica tradizionale ci siano dei meccanismi identici di identificazione con il popolo, nella musica in generale è così ma se pensi più specificatamente ai canti di lavoro, per esempio, ti accorgi che sono simili i nostri a quelli ungheresi, del Maghreb o di altri luoghi…i ritmi sono simili
A proposito di liuteria e del tuo strumento midi, quando hai iniziato a costruire strumenti e che tipo di interazioni si creano tra musicista e liutaio? Ovvero, lavorare sui legni e altri materiali può innescare un processo creativo per un musicista?
Da venti anni succede proprio questo; io cercavo nuove sonorità per poter suonare anche musica moderna e non solo tradizionale. Parlando anche con altri liutai e ponendosi continue domande, sulle dimensioni dello strumento, sull’uso dei legni, su ogni aspetto, solo magari per cercare una nuova nota o una piccola modifica al timbro. Lavorare uno strumento antico anche avvalendosi di computer può sembrare strano ma è un percorso necessario per scoprire orizzonti nuovi.
Ora scusami sono un po’ stanco di parlare “Itagnolo”, ci vediamo il 28 Aprile a Pontedera!!!